Intervista ad Alessia, volontaria di A.Ma.Re., sulla gestione della malattia di mamma Elena, tra terapie, vita familiare e qualche inevitabile difficoltà quotidiana.

Alessia Danelutti ha 52 anni e da quando ne aveva 25 si prende cura di mamma Elena, affetta da artrite psoriasica. Da circa 15 anni, inoltre, si dedica come volontaria ad A.Ma.Re. FVG ONLUS, l’associazione dei malati reumatici della regione Friuli Venezia Giulia con sede ad Udine: all’inizio collaborando con la segreteria, in seguito entrando a far parte del direttivo, e in tempi più recenti come Tesoriere.

Elena vive nella casa e nei pensieri di Alessia per buona parte dell’anno, ma la sua attitudine combattiva fa sì che chi si occupa di lei non viva il ruolo di caregiver come un peso: nonostante gli 84 anni, infatti, l’anziana signora ha temperamento da vendere!

Certo, in passato ci sono stati momenti difficili, come quando Alessia si è ritrovata a dover affrontare in contemporanea la patologia della mamma, una serie di comorbilità sopraggiunte, i problemi di salute di alcuni parenti e… dulcis in fundo, una nuova vita! Nel frattempo, infatti, Alessia era a sua volta diventata madre e, con il marito che lavorava all’estero, le cose da gestire in contemporanea erano diventate un po’ troppe. Ma poi, per fortuna, le cose si sono appianate.

Oggi abbiamo chiesto ad Alessia di raccontarci la sua esperienza come caregiver, tra emozioni legate alla gestione della malattia e organizzazione pratica delle sue giornate.

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Alessia, da quanti anni si occupa della gestione della malattia di sua mamma?
Tutto ebbe inizio nel 1993, subito dopo la morte di mio padre. Mamma venne ricoverata in ospedale, ma inizialmente anche i medici non riuscivano a capire cosa avesse. Fu sottoposta a cure di cortisone massicce, a successivamente le vennero somministrati altri farmaci tra cui la ciclosporina, che le stabilizzò la malattia. Nel frattempo, le venne diagnosticata l’artrite psoriasica, perché a mettere sull’avviso i medici, fu il fatto che mia madre avesse le unghie spezzate, un tipico segno della psoriasi. Venne quindi presa in cura dalla clinica reumatologica dell’ospedale di Udine, che era stata da poco fondata, e da allora è sempre stata seguita in struttura. Per il resto, me ne occupo io, senza altri aiuti, ma per fortuna oggi mia madre è ancora abbastanza autosufficiente!

Quali sono gli aspetti del suo ruolo di caregiver più difficili da sostenere?
Mia mamma si affida a me per interfacciarsi con i medici, per la gestione delle terapie e per tutto quello che riguarda la sua malattia. Questo in alcuni momenti può risultare pesante, soprattutto quando, magari, vorrei poter uscire per conto mio, ma so che lei ha paura a restare da sola e allora mi devo organizzare per tempo, o rinunciare direttamente. Ma a parte questo, non mi sento sacrificata.

Si è mai sentita in colpa, ad esempio per essere costretta a trascurare suo figlio quando era piccolo?
Solo una volta, quando mi dovetti occupare della sepoltura nel suo paese d’origine di una mia zia defunta. In quel frangente fui costretta a portare con me il bambino perché non avrei saputo a chi lasciarlo, e mi sentii in colpa per averlo dovuto sottoporre a quello stress. Fu la sua maestra a venirmi in soccorso. Mi disse: “Non deve preoccuparsi per suo figlio, è la vita. Non è colpa sua, né di nessuno.” E lui, certo, era anche un bambino molto assennato e maturo.

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Come caregiver, si sente adeguatamente supportata dai medici e dalla clinica?
Sì, senz’altro, e fin da subito. Anche se negli anni i medici si sono alternati non ho mai avuto difficoltà a reperire informazioni e chiedere aiuto. Faccio un esempio: quando mia madre è stata sottoposta al vaccino anti Covid, la somministrazione della seconda dose cadeva nei giorni in cui avrebbe dovuto fare l’infusione periodica con il suo farmaco biologico. Ho chiamato per spiegare la situazione e cercare di incastrare le cose e il personale della clinica mi è subito venuto incontro. Qui a Udine siamo molto fortunati: le strutture funzionano e anche nei momenti peggiori della pandemia, gli ospedali hanno continuato a fornire assistenza ai pazienti non Covid con massimo impegno da parte di tutti.

Ritiene che il ruolo di caregiver meriterebbe più considerazione e più aiuti?
Ci sarebbe bisogno, in generale, di più supporto da parte dei medici di base, sebbene, va detto, siano oberati di lavoro. Personalmente non mi sono mai sentita abbandonata. Specifico che a mia madre non è stato riconosciuto il diritto all’invalidità e all’accompagnamento, perché autosufficiente, ma ho la fortuna di svolgere un lavoro d’ufficio e di avere un capo molto comprensivo e flessibile. Altra fortuna: la mia sede di lavoro è proprio adiacente all’ospedale! Ho avuto, come unico riconoscimento per mia madre, la possibilità di usufruire dei parcheggi per le persone disabili della struttura, e questo mi permette di muovermi con tranquillità. Ma sono consapevole di essere una privilegiata. Per tanti caregiver le cose non sono così semplici.

In questo momento a quali cure è sottoposta sua mamma?
Da dieci anni è in cura con il biologico. Ne ha cambiati diversi, e oggi la terapia consiste in una infusione ogni sette settimane, che viene erogata in day hospital. Il dosaggio viene stabilito di volta in volta in base alle condizioni di mamma, e al suo livello di dolore. In passato è stata in cura con altri farmaci di fondo, tra cui il metotrexato, che ora le è stato sospeso.

Cosa le piace di più del far parte dell’associazione pazienti reumatologici?
La cosa che amo di più dell’attività di volontariato con A.Ma.Re. è la possibilità di parlare con i pazienti e soprattutto ascoltarli. Sapere che ho potuto dare sollievo anche solo per poco tempo a qualcuno che soffre, semplicemente ascoltando la sua storia, mi fa sentire utile. Un malato cronico spesso in famiglia ha difficoltà a parlare, perché già la situazione è complessa per i familiari. Noi come associazione offriamo loro questa possibilità. Inoltre organizziamo incontri e promuoviamo progetti per il supporto psicologico dei pazienti.

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Oggi che voto attribuirebbe alla qualità di vita di sua madre? E alla sua?
Un voto ampiamente sufficiente per entrambe. Mia madre sta abbastanza bene, anche se, naturalmente, non ha l’autonomia di muoversi come vorrebbe. Tante sue coetanee vanno in giro in biciletta. Lei, ovviamente, non può, ma vive una vita comunque piena. La sua attività fisica consiste nel fare le scale di casa ogni giorno, con i suoi tempi, e secondo il medico che la segue è il tipo di allenamento ideale nel suo caso. Il suo vantaggio è avere un carattere forte e ottimista. Lei si pone un obiettivo che è relativo al nipote: vederlo crescere. Man mano che gli anni passano, l’asticella si sposta. Se inizialmente il suo obiettivo era vederlo completare le scuole elementari, poi si passò alla licenza media, poi alla maturità e oggi, che ha vent’anni ed è all’università…

…La laurea!
Beh, non arriva così avanti, per ora si limita ad attendere di rivederlo di weekend in weekend! E va bene così.

A.Ma.Re. si pone due obiettivi principali:

  • Tutelare il malato;
  • Sensibilizzare le istituzioni (in primis sanitarie) e la popolazione civile sull’impatto che le patologie reumatiche croniche producono sulla vita quotidiana dei pazienti e delle loro famiglie.

A.Ma.Re., come le altre venti associazioni regionali, aderisce ad ANMAR, l’associazione nazionale malati reumatici. Proprio attraverso il confronto e il dialogo con le altre realtà territoriali italiane, è pertanto possibile realizzare progetti e campagne informative nazionali di ampio respiro.

A.Ma.Re. FVG ONLUS – Sede di Udine
Via Micesio, 31 – 33100 Udine – Tel. 0432.501182 – 331.2564312
Sito: www.malatireumaticifvg.org – email: info@malatireumaticifvg.org

A.Ma.Re. FVG ONLUS – Sezione di Sacile, Casa del Volontariato
Via Ettoreo, 4 – 33077 Sacile (PN) – Tel. 366.4762208
email:pn@malatireumaticifvg.org